La grande bellezza…della morte – di Paolo Sorrentino

All’ultimo film di Paolo Sorrentino mi sono approcciato con curiosità e soggezione allo stesso tempo: dopo il gran battage messo in piedi per il festival di Cannes e che ha portato la coproduzione Italia/Francia al terzo posto negli incassi al botteghino a 3 settimane dall’uscita, non potevo che avvicinarmi così all’ultima fatica di quello che considero senza mezzi termini il migliore regista italiano contemporaneo (Il Divo e This Must be The Place, piacciano o meno, sono lì a testimoniare l’immensa tecnica e cifra stilistica del nostro).

Mai mi sarei aspettato però qualcosa di così agghiacciante, riflessivo, introspettivo, terribilmente angosciante.
Accanto ad un’esecuzione tecnica impeccabile fatta di scene giustapposte, di continui rimandi semiotici, di smottamenti concettuali quanto visivi, dati da un montaggio che salta in alcuni casi freneticamente da un personaggio all’altro, da una situazione paradossale e grottesca all’altra, accanto a tutto questo, Sorrentino ha voglia di raccontarci l’effimera bellezza della vita e della sua inevitabile fine. La grande bellezza parla di MORTE dalla prima all’ultima scena. Sono morti quei personaggi cocainomani, starlette, ex divi dello spettacolo, cantanti, politicanti, che si ritrovano a ballare la dance in discoteca nella scena d’apertura. Sono morti i romani dell’alta borghesia, che provano ad ingannare il tempo con passatempi inevitabilmente e comunque noiosi, che provano ad ingannarsi iniettandosi botulino nelle feste al botox romane superesclusive.

Sono morti i trenini all’interno delle feste, che per ammissione del personaggio di Toni Servillo (monumentale) “sono belli perchè non portano proprio da nessuna parte”. Sono morti tutti coloro che annoiati dalla troppa bellezza che la vita ha concesso loro, non comprendono più quale sia il senso di stare al mondo se non quello di bere, festeggiare, scopare, tirare di coca. Sono morti i nostri politici che in questi giochetti si perdono dall’alba dei tempi…dall’antica Roma.

Roma e la morte vanno di pari passo, Roma è la citta eternamente ferma, dove i personaggi scompaiono nella notte per riapparire qualche ora dopo, tali e quali al giorno prima e quello prima ancora, in una totale stasi di intenti e movimenti. Proprio come la stasi delle colonne e dei monumenti, immobili, austeri, giudicanti.

Sorrentino si è confrontato con un tema fortissimo, avvicinandosi anche se in maniera meno spirituale e totalizzante, alla poetica di Terrence Malik (The Three of Life) e lo ha fatto scegliendo di raccontare Roma ed i personaggi tipici che la rendono viva morta. Ma credo che la scelta della città non si limiti alle sue notti eterne ed alla sua architettura, in qualche modo decadente e “passata”. Il regista ha scelto Roma perchè Roma è Roma non tanto per il suo impero ma per la sua caduta. Roma rappresenta la caduta dell’Occidente, come ha scritto il visionario Tommaso Pincio (Pulp Roma), e con esso dei valori dell’uomo che per separarsi dalla morte ha bisogno continuo del desiderio.

Quando questo scompare, scompare anche l’umanità.
Rimangono maschere danzanti e personaggi senza una meta, ma solo con un’inevitabile fine…
E che bellezza vedere raccontato tutto questo per immagini. Ad oggi la miglior uscita al cinema del 2013.
Menzione d’onore per Sabrina Ferilli, forse l’incarnazione stessa di Roma in un personaggio davvero ben riuscito ed interpretato.
Voto 9

http://www.youtube.com/watch?v=cJ8O-Y2CXk8

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