E come si fa? Come si fa a recensire un libro di Antonio Moresco, lo scrittore più ingnorato e sottovalutato del nostro tempo, colui che ha cantato del caos, esordito con un’illuminazione e che ha scritto posseduto dalla parola, la materia stessa di cui è fatta la letteratura, per oltre trent’anni per capire che ciò che ha creato in qualche modo doveva essere in-creato, creato all’interno del creato ed allo stesso tempo in-creato, in qualche modo cancellato, che ciò che è creato (tutto il creato) contiene al suo interno i semi dell’increato? Ce n’è per perdere già ora il filo del discorso, immaginatevi dopo 1000 pagine a ragionare su questo tema.
No la letteratura di Moresco non si può recensire, se ne può solo essere rapiti o schifati, non la si può sfiorare, costeggiare, la si deve comunque e ovunque prendere di petto, in maniera forte, razionale quanto viscerale. E’ un tipo di scrittura che trascina in un vortice di personaggi creati (in-creati) da una mente che è chiaramente superiore, in grado di tessere trame, connessioni e visioni che vanno oltre il comune pensare persino in termini di spazio e tempo. E allora è davvero difficile dire di che cosa parla un suo libro (benchè internazionale ci abbia provato a tratti riuscendoci in questo articolo molto ben scritto) , quali temi affronta perchè infondo dentro ad ogni suo scritto ci siamo noi, l’uomo, il cosmo, i nostri sogni, le nostre paranoie, le nostre (in)creazioni. Increazioni che non vengono mai raccontate linearmente perchè ogni canto, ogni brano sembra auto-generarsi organicamente a partire dal precedente per discostarsene.
Gli increati è un libro fisico, di oltre mille pagine, che termina il percorso di riflessione sul mondo-uomo iniziato più di trent’anni fa con “Gli Esordi” edito da Feltrinelli e poi proseguito con i 3 libri dei Canti Del Caos, romanzi che vengono definiti tali solo per mancanza di ulteriori termini in letteratura che possano descrivere con un termine unico, la materia letteraria dell’artista mantovano (ma domiciliato a Milano). Antonio i suoi romanzi li definisce “magneti“, perchè attraggono, sono concentrici, trascinano pensieri e parole a mò di vortice che tutto alla fine fagocita, ingloba, cancella.
Gli increati prende forma da una visione, dalla voglia di raccontare il nostro mondo attraverso personaggi-sogno, personaggi-canti che rappresentano paure, tendenze ed espressioni dell’essere umano. E’ un romanzo pornografico perchè mette a nudo e violenta ogni certezza di chi si appresta a leggerlo. E’ un romanzo mondo che completa un percorso di in-creazione, di oltre-vita, portato avanti dall’autore fin dalla prima stesura degli esordi. All’interno appaiono molti personaggi e temi trattati nei romanzi di Moresco, dai Canti ovviamente agli Esordi passando per la lucina, la parete di luce e ancora per Clandestinità e La Cipolla. La scrittura di Moresco è una specie di enorme inscrivibile biografia nella quale personaggi, ricordi, accadimenti lasciano lo spazio alla vionarietà della scrittura stessa che ad ogni pagina porta il lettore a spostarsi continuamente tra piani di realtà e di narrazione.
Impossibile francamente che venga letto da chi non si è mai avvicinato alla sua scrittura, ai suoi lavori, impossibile delinearne i caratteri: è un libro ostico, a tratti difficilmente accessibile a partire dal titolo che supera i concetti di vita e di morte, che per Moresco esistono nel tempo a parti invertite, ovvero la morte viene prima della vita e la vita accade dentro la morte, prima dell’increazione, qualcosa di impensabile ed inconoscibile dallo stesso creatore che è anche increatore e distruttore allo stesso tempo. E’ un libro che potrebbe tranquillamente essere preso come testo filosofico perchè dà un’interpretazione della vita e della scrittura stessa, mai data in precedenza.
Moresco questo lo sa, lo cavalca, lo propone, avverte, chiede di allontanarsi se non si è pronti a lanciarsi in un vortice di parole creazioniste che però sono anche in-creazioniste. Insomma un libro importante, forse irripetibile, che sarebbe potuto terminare in meno della metà delle pagine ma che si è spinto oltre le mille a causa di una possessione da parte della parola stessa, e che se fosse terminato prima, non avrebbe permesso forse di entrare in quel vortice, in quel magnete, che il libro di fatto è.
L’opera è finita, creatore, increatore, distruttore non ci sono più, rimane solo l’increato.
Ci ho messo 8 mesi ad arrivare fino a qui, ai confini dell’increato, mi ci vorrà una vita per dimenticarlo o per tornarci. E, giuro, voglio fare entrambe le cose.
Luke
@lucamich23
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