Posts Tagged 'Elettronica'

Coffee Cable mixtape: il meglio del 2015 dall’underground musicale

Il 2015 è stato un anno di cambiamenti, viaggi, persone, luoghi nuovi. Ad accompagnarmi come sempre tanta buona musica, spesso proveniente da “sotto la superficie”. Ne ho mixata un po’ per riassumere in un’oretta scarsa, i momenti più emozionanti dell’anno. Un viaggio personale che spero possa trovare interessante anche chi è disposto a conoscere e farsi trasportare dalla musica che si trova nella zona grigia tra hiphop, bass music, elettronica e post dubstep. Alcuni sono pezzi molto conosciuti, altri forse meno e proprio per questo trovano spazio su questo blog. Buon ascolto. Luke

 

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Stricktly from Cavalese ma con mentalità newyorkese

È online il nuovo  brano di Max Prød.
Si chiama Suzy e potete ascoltarlo, scaricarlo, condividerlo o bypassarlo proprio qui:

Enjoy!

Online il nuovo remix firmato Max Prød

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Best album 2012 – compiled by Luke

Anche il 2012 ci ha regalato diversi dischi interessanti e di indubbio valore oggettivo (per quanto questa possa essere una chiave di lettura valida per una classifica o un giudizio in generale). Tanta bass-music, qualche ottimo disco hiphop (finalmente) e qualche chicca sperimentale, meno rock indipendente (nonostante il valido Nocturn Quiet dei Mars Volta). Volendo come di consueto stilare una personalissima classifica “best of the year” ho però dovuto escludere alcuni dischi importanti come Cancer 4 Cure di El-P o alcune chicche quali il poetico disco dei producer tedeschi Sekuoia & Rain Dog o ancora l’EP del terzetto S/S/S di casa Anticon o il groovoso Awe Natural delle Thee Satisfation. Ho cercato però di inserire in questo best 15een gli album non solo più belli secondo il mio gusto personale, ma anche quelli con più personalità, quelli che oggettivamente (quanto più possibile) sono riusciti a portare spunti nuovi nel genere che rappresentano.

album 2012

1. Flying Lotus – Untill the quite comes
2. Gang Colours – The keychain collection
3. Union – Analogtronics
4. John Talabot – Fin
5. JJ DOOM – Key to the kuffs
6. Lorn – Ask the dust
7. Shlohmo – Vacation
8. Burial – Kindred
9. Bonobo – Black Sands Remixed
10.  Kendrick Lamar – Good kid m.a.a.d. city
11. Mala – Mala in Cuba
12. Hot Chip – In our heads
13. Nicolas Jaar – Space is only noise
14. Godblesscomputers – The last swan
15. Lapalux – When you are gone EP

Note/Curiosità:

– di Union si è parlato veramente poco rispetto al valore assoluto di un disco che raccoglie lo spettro completo della musica black in tutte le sue sfacettature. Il pezzo con Guilty Simpson solo per come entra il rapper in modo soft dopo oltre 1 minuto e mezzo di traccia vale da solo il terzo posto in classifica. Nuovo approccio a produzione ed arrangiamento rap.

– è il secondo anno consecutivo che al 2° posto classifico un disco della Brownswood Records, etichetta dell’inglese Gilles Peterson che dopo il seminale Ghostpoet ha scoperto questo ragazzo a nome Gang Colours che ha preso a mio parere il testimone di James Blake nel “genere” post-dubstep. Sempre grazie a Peterson, possiamo oggi ascoltare Mala in Cuba che dà al genere bass un motivo di esplorazione etnica fin’ora scarsamente interpretato.

– Kendrick Lamar è un rapper di Compton che pare aver deciso che si può raccontare il quartiere gangsta per eccellenza (da qui sono usciti i dischi più tamarri e violenti della storia dell’hiphop…a partire dagli NWA) con un approccio “leggermente” più profondo alle liriche di quanto fatto fin’ora. Il tutto con un gusto per produzioni e metriche davvero nuovo. E soprattutto con un’estetica completamente rinnovata.

– di Shlohmo, producer ventenne americano, non si sente davvero mai parlare. Ma è grazie al suo suono ovattato e acquoso che il post dubstep ha assunto un nuovo significato e legato indussolubilmente dub e hiphop. Vedasi anche i dischi di Shigeto, Salva, Jaar, Submerse, Sekuoia, tutti in qualche modo legati al modo di comporre di Shlohmo. Ci sarebbe poi un certo Robot Koch

– The Last Swan di Godblesscomputers è l’unico disco italiano in classifica, che però di italiano non ha nulla se non il “gusto” di fondo. Un disco molto intenso e sentito che unisce “wood, metal and microchips”, strumenti analogici tribali e suoni elettronici in una miscela a suo modo unica, senza forzature ne scopiazzature dai maestri Berlinesi. E non lo dico perchè si tratta di un grande amico, qui c’è qualcosa di speciale. In uscita per Equinox anche il suo nuovo lavoro Freedom is ok.

Talabot non ha bisogno di presentazioni: forse solo Rustie e Onra nell’ambiente della musica elettronica sono riusciti a fare in parte quello che ha fatto lui con Fin: reinterpretare la musica elettronica anni ’80, ricontestualizzarla e darle senso nel 2012. Un’impresa non da poco e totalmente inedita.

– infine un’ultima nota dedicata all’hiphop, genere al quale sono da sempre legato e che lentamente stava uscendo dalle mie classifiche e dagli ascolti, se non per qualche incursione targata DOOM o Kanye West. Quest’anno complici i producer Union, Jneiro Jarel, e l’eccellente Kendrick Lamar, ben 3 dischi della classifica possono essere definiti Hiphop. Mentre Flying Lotus che domina la classifica è a tutti gli effetti una personalità proveniente dall’ambiente. Segno che il genere inizia a muoversi ed allontanarsi dal pantano in cui si è cacciato negli anni zero. Non posso che gioirne.

E’ tutto anche per il 2012. Se qualcosa vi è sfuggito potrete beccarlo nei 3 mixtape recentemente prodotti da noi Groovenauti, dentro ci troverete diversi pezzi tratti anche da questi mangnifici 15.

Buoni ascolti!
Luke

Max Producer presents: Supercluster

Supercluster è il brano prodotto da Max Producer (Groovenauti, Occhi di Astronauti) per il mixtape di Sistema Assonnato “La città verrà distrutta domani” che anticipa l’uscita dell’omonimo album del gruppo formato da Max e Polly (from Lato Oscuro della Costa) e denominato Occhi di astronauti“.

Buon ascolto, buona visione.

Max Prod – Supercluster [Occhi di Astronauti] from Occhi di Astronauti on Vimeo.

New Mixtape: JJ-180: the future drugs. By Luke

Il JJ-180 è un principio attivo ad alta dipendenza indotta, introdotto dallo scrittore Philip K. Dick nel romanzo “Now wait for the last year”, in Italia noto come Illusione di Potere. Tale droga è in grado di creare allucinazioni temporali e di far viaggiare fisicamente da una dimensione temporale all’altra chi la assume, perdendo nel frattempo sia la percezione di cosa è reale e cosa non lo è, sia frammenti di tempo fisicamente inteso.

Ho deciso quindi di intitolare così il mio nuovo Mixtape: JJ-180 – la droga del futuro. Solo con questa espressione infatti, riesco a definire, a dare un ombrello introduttivo, alla musica che ascolto oggi, quella che più mi fa emozionare, viaggiare, perdere. Hiphop elettronico, dub-step, indie rock, elettronica di matrice black: tutto fuso, interpretato e mixato in una droga unica che trascendere i generi. La musica che mi piace. Buon ascolto, spero di contagiarvi.

JJ-180 – Future’s drugs – Mixtape by Luke

Tasto destro per scaricare.

ARTISTS LIST:

Robot Koch – Dorian Conept – Robot Koch & John Robinson – Dels – Robot Koch & John Robinson – Tokimonsta – Jamie XX & Gill Scott Heron – Blueprint – 13&God – Thom Yorke – Saul Williams – Grieves – Dels & Roots Manuva – No Surrender – The Weeknd

Luke

(Doriano) Dorian Concept aka faccia da schiaffi

Si chiama Oliver Thomas Johnson, a vederlo sembrerebbe uno sbarbatello qualunque, uno ai quali fregare la merenda regolarmente sull’autobus della scuola, l’amico strafatto di topexan a cui alla fine tutti vogliono bene perchè durante i compiti in classe fa copiare, ed in fondo non rappresenta un’alternativa credibile per il cuore della compagna figa dell’ultimo banco. Invece probabilmente sfigato e brufoloso lo è anche, ma nei circoli di quelli che contano, a distanza di qualche kilometro dalla cameretta in cui si rintana a produrre, si fa chiamare Dorian Concept ed è un dj/produttore austriaco di livello assoluto che, poco più che vent’enne, è riuscito a strappare un contratto discografico all’etichetta di musica elettronica indie per eccellenza: Ninja Tune! Ma come? Sì, proprio così, capita che spesso in ambiti musicali di confine, l’essere nerd fino al midollo paghi, e che passare il tempo a perfezionare l’utilizzo dei synth alla lunga porti più lontano rispetto al frequentare i club in cerca del marpionaggio facile. Capita che essere apparentemente sfigati si riveli solo una coloritura in più in un quadro disegnato ad arte, con tecnica sopraffina.

A poco più di 2 anni dall’uscita di “When planet Explodes“, primo album ufficiale dell’Oliver, Ninja Tune ha recentemente dato alle stampe l’EP “Her Tears Taste like Pears“, breve e preziosa sorta di manifesto alla new wave europea della musica elettronica all’incrocio tra dub-step, ambient, DMP ed electro. Una breccia aperta da Hudson Mohawke e allargata a forza di dj set nei club di Vienna proprio da Dorian, alchimista perfetto, studiato, freddo e calcolatore, quanto abile cesellatore di suoni da camera quanto da dance floor per la tarda serata. La sua musica sa essere celebrale quanto godereccia, impegnata quanto frivola e pazzerella. Sicuramente per niente prevedibile, come d’altronde già si era compreso in “When planets explode”.
Ed “Her tears”non sarà sicuramente un disco perfetto (troppo breve per essere definito tale) ma senza dubbio rappresenta una direzione, una freccia segnalatrice a chi vorrà intraprendere la strada della sprimentazione nella musica elettronica nei prossimi anni, senza per questo scordarsi nel frattempo di far divertire, ballare ed ispirare. Per una musica fredda, “tedesca” e da dancefloor non è poco.

Luke

James Blake: se il dubstep incontra il soul

La notizia è di quelle da lasciare a bocca aperta. La creatività nel genere dubstep non è morta con Burial. Wow! Mica male come inizio no? Si perchè in Inghilterra si muove tra cameretta e clubs tale James Blake, fenomenale producer 22enne con voce da afroamericano, grande gusto per le produzioni elettroniche intepretate in chiave soul/ghospel e faccia da schiaffi capace di mettere in fila i migliori producer inglesi e non nel campo del genere più in voga nell’Europa che ha un senso (musicale e non solo).

Nel 2010 il Nostro ha fatto uscire 2 EP molto godibili, CMYK e Klavierwerke, che lasciavano presagire un debutto su LP strabordante. E così è stato grazie alla recente (febbraio) uscita omonima per Atlas: un inno alla creatività che unisce in modo leggiadro, avvolgente, sapiente due generi fin’ora sfioratisi appena in qualche produzione di Burial e Skream come il soul ed il dubstep (non-genere dal potenziale enorme in grado di re-inventarne altri). E se Anthony (and the Johnson) è a tratti vicino ed evocabile (“Give me my month”) in 11 pezzi è il “mai sentito” a farla da padrone.

Tutto inizia con la malinconica “Unluck” e con la struggente “Wilhelms Scream”, 2 pezzi che tracciano il solco di quello che il disco sarà: un viaggio in barca a remi su un fiume nebbioso e confuso su cui si affacciano vecchi spettri ma anche nuove prospettive.
Da una parte il canto sofferto di Blake: puro, cristallino e solo in pochi casi (“Lindersfarne I” e “II”) supportato dall’autotune (applicato in maniera magistrale), dall’altra i bassi decisi ed avvolgenti della dubstep accompagnati da synth puntellati qua e là da maestro quale un 22enne non può per forza di cosa essere ed invece è.

E poi ci sono i silenzi, utilizzati alla maniera di Miles Davis. Perchè lavorare di sottrazione è molto più difficile che riempire ogni spazio disponibile con il proprio talento (“Lindersfarne I” e “Limit to your love” le prove più lampanti). Sono i silenzi a rendere senza precedenti le atmosfere liminali create da James. Loro e i bassi potenti, decisi, di cui il soul ha fatto spesso a meno.
Ne sono convinto, sentisse James Blake, Marvin Gaye chiederebbe oggi stesso una cover di “What’s going on”.

Voto 9. Da ascoltare in cuffia in giornate uggiose.
Luke


Archivio

Disco dell’anno 2016

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