Credo che Shutter Island sia un film intelligente.
Martin Scorsese attraverso di esso riesce ad affrontare temi quali il delirio post traumatico, l’intellegibilità dei sogni, la psicologia, i diversi approcci possibili alla psichiatria, il labile confine tra lucidità e follia, mescolandoli assieme sapientemente e struttulandoli in modo credibile con abili scelte di sceneggiatura e di regia e soprattutto masticandoli un po’ prima di darli in pasto alla platea. Scorsese conosce il cinema, sa che comunicare significa far comprendere al proprio uditorio un messaggio, una storia. Conosce il linguaggio di Hollywood e lo utilizza cercando di accontentare sia la massa accorsa per il titolo da blockbuster, sia chi nel suo cinema ricerca la finezza, la ricerca, l’impalcatura.
Il regista mette assieme tanti elementi (esperimenti nazisti su pazienti psicolabili, trauma da campo di concentramento, perdita d’identità, cospirazioni governative, approccio Basaglia alla cura psichiatrica) cerca di nasconderli confondendo un po’ le acque, ma senza complicare troppo, senza permettere che il suo pubblico se ne esca dalla sala con dubbi irrisolti. Lo fa, paradossalmente, attraverso un Thriller che proprio per come è stato concepito, per come è condotto, porta a credere nel mistero, a ricercarlo e forse anche a pretenderlo! Ecco perchè si sono letti tanti pareri negativi sulla scontatezza del finale, sull’eccessiva chiarezza di alcuni passaggi che sarebbe dovuti essere più criptici. In realtà l’intento credo non fosse quello. Bensì trasportare lo spettatore in una dimensioni di confusa realtà, dandogli continui ganci per comprendere la storia al meglio. Senza esagerare con l’ermetica, che non ha mai contraddistinto il suo cinema, senza tradire la propria voglia di comunicare. Può piacere, può infastidire, può lasciare indifferenti se non si coglie questa dimensione del suo modo di fare cinema. Personalmente pur amando i finali a sorpresa e le sceneggiature intricate, è proprio quello che ho apprezzato di più.
Oltre ad un Di Caprio da Oscar ovviamente…
Psy
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